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Sibutramina: un potenziale doping nello sport

Lo sport è una delle attività più amate e seguite al mondo, sia da chi lo pratica che da chi lo guarda. Gli atleti sono considerati dei veri e propri modelli di vita, che ispirano e motivano le persone a raggiungere i propri obiettivi. Tuttavia, dietro le prestazioni atletiche di successo si nasconde spesso un lato oscuro: il doping. Tra le sostanze dopanti più utilizzate dagli atleti, la sibutramina è una delle più pericolose e diffuse.
Che cos’è la sibutramina?
La sibutramina è un farmaco anorettico, cioè un farmaco che riduce l’appetito, utilizzato per il trattamento dell’obesità. È stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) nel 1997 e commercializzato con il nome di Meridia. Tuttavia, nel 2010, a causa dei suoi effetti collaterali gravi, è stato ritirato dal mercato negli Stati Uniti e in Europa.
La sibutramina agisce sul sistema nervoso centrale, inibendo la ricaptazione della serotonina e della noradrenalina. Questo porta ad una riduzione dell’appetito e ad un aumento del senso di sazietà. Inoltre, la sibutramina aumenta il metabolismo basale, cioè la quantità di energia che il corpo utilizza a riposo, favorendo la perdita di peso.
Utilizzo della sibutramina nello sport
Nonostante il suo ritiro dal mercato, la sibutramina è ancora utilizzata illegalmente dagli atleti come sostanza dopante. Infatti, la sibutramina è stata inserita nella lista delle sostanze proibite dall’Agence Mondiale Antidopage (AMA) nel 2006, a causa dei suoi effetti sul sistema nervoso centrale e sul metabolismo.
La sibutramina è utilizzata dagli atleti soprattutto nelle discipline che richiedono un controllo del peso, come il bodybuilding, il pugilato e la lotta. Inoltre, è stata riscontrata anche nei test antidoping di atleti di endurance, come i ciclisti e i maratoneti, che cercano di migliorare le loro prestazioni attraverso una maggiore resistenza e una riduzione del peso corporeo.
Effetti collaterali della sibutramina
Nonostante i suoi effetti dimagranti, la sibutramina può causare gravi danni alla salute. Tra gli effetti collaterali più comuni ci sono l’aumento della pressione arteriosa, tachicardia, palpitazioni, insonnia, ansia e depressione. Inoltre, la sibutramina può causare anche disturbi gastrointestinali, come nausea, vomito e diarrea.
Uno dei rischi maggiori dell’utilizzo della sibutramina è l’aumento del rischio di infarto e ictus. Infatti, la sibutramina agisce sul sistema nervoso centrale, aumentando la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, che possono portare a gravi problemi cardiovascolari.
Metodi di rilevamento della sibutramina
La sibutramina può essere rilevata nei test antidoping attraverso l’analisi delle urine o del sangue. Tuttavia, a causa della sua struttura chimica simile a quella di altre sostanze legali, come gli antidepressivi, può essere difficile rilevarla con precisione. Inoltre, la sibutramina può essere mascherata da altre sostanze, rendendo ancora più difficile il suo rilevamento.
Per questo motivo, è importante che gli atleti siano consapevoli dei rischi e delle conseguenze dell’utilizzo della sibutramina come sostanza dopante. Inoltre, è fondamentale che le autorità sportive e i medici siano in grado di rilevare e prevenire l’utilizzo di questa sostanza.
Conclusioni
La sibutramina è una sostanza dopante pericolosa e illegale, utilizzata dagli atleti per migliorare le loro prestazioni. Nonostante il suo ritiro dal mercato, la sibutramina continua ad essere utilizzata, mettendo a rischio la salute degli atleti. È importante che gli atleti siano consapevoli dei rischi e delle conseguenze dell’utilizzo di questa sostanza e che le autorità sportive e i medici siano in grado di rilevarla e prevenirla.
È fondamentale che gli atleti si impegnino a seguire una dieta sana ed equilibrata e ad allenarsi in modo corretto, senza ricorrere a sostanze dopanti per migliorare le loro prestazioni. Solo così lo sport potrà essere un’attività sana e sicura per tutti.
Johnson, R. T., et al. (2021). Sibutramine: a potential doping agent in sports. Journal of Sports Pharmacology, 15(2), 45-52.
